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Internazionalismo oggi

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due_calziniit
view post Posted on 3/6/2008, 12:24




Bene. Parto da un punto che, a cascata, potrebbe aprire tante altre discussioni: è lecito parlare di socialismo se si parte già con l'idea di farlo al chiuso dei confini di una sola nazione?

Oggi più di ieri il capitale è internazionale, globale, esteso e ramificato. Come si può pensare di agire a livello nazionale e non a livello internazionale (c'è poi da capire quale forma sia migliore per agire, nei due casi...)?


Personalmente, rifacendomi anche a Lenin, che semplicemente diceva che una caratteristica dei comunisti era l'internazionalismo, non credo si possa fare altrimenti se non agire a livell di rete internazionale.
Esempi possono essere la lotta alle multinazionali oppure (e questo spero apra un'ulteriore discussione) quella al traffico di schiavi. Se i comunisti d'europa (e oltre...) si unissero per spingere la UE, per esempio, a imporre contrattualmente che tutti i lavori simili, in europa, devono avere salari uguali, non si avrebbero migrazioni in cerca di lavoro.
e via evia, i discorso può continuare. ed è aperto...
 
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Areazione
view post Posted on 3/6/2008, 14:13




Giorni fa' lessi un bel libro di La Grassa, che dalle nostre parti non raccoglie troppi consensi. Chissene, direi io. Il punto fondamentale di quel libro è che Marx aveva toppato alcune fondamentali prospettive future, ed i comunisti che lo seguirono o non le colsero o per loro non erano toppate.

Una su tutte, per chi legge Marx: potreste indicarmi dove si faccia riferimento alla precarizzazione del lavoro? Ove il precariato si dovrebbe collocare entro il proletariato internazionale?

Ovviamente è un po' dura trovarlo a chiare lettere. Ecco uno dei sensi di "Ripensare Marx".

Dunque il tuo commento mi sembra molto corretto, ma parte non dall'inizio dell'analisi.
 
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due_calziniit
view post Posted on 3/6/2008, 14:23




Beh, non so esattamente il punto del Capitale in cui marx non parla proprio del precariato, ma del tipo di vita che oggi stiamo facendo: in sostanza, il capitale è sempre intorno a noi, anche quando non siamo sul luogo del lavoro.
Ho raccolto la lezione del Prof. Bacciardi, dell'univ. di Pisa (scusino il termine gli altri toscani...) in un video (in 4 pezzi):

https://www.youtube.com/watch?v=u7MIYwJd4u4&feature=related

io credo che in quella parte del Capitale ci sia un po' della risposta che cerchi.
Sottolineo il fatto (me ne vergogno ma sono sincero e non lo nascondo) che non ho ancora letto il Capitale, per cui questo è un primo, minimo (e spero nndeviante) apporto a questa parte della discusione
 
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Areazione
view post Posted on 3/6/2008, 14:42




Il Capitale è come la Bibbia: tutti lo citano e pochi lo leggono.

E' vero che è un mattone, è vero che è di una noia soporifera in alcuni capitoli (io mi diverto solo a leggere quelli più economici, con uno scarabocchio di formule e tabelle, "la produzione del plusvalore relativo", "le metamorfosi del capitale e il loro ciclo", "la conversione del plusvalore in profitto"), a volte costa pure caro. La Newton ne ha tirato fuori una versione economica a 14,90€ che ho comprato Sabato, poichè la mia vecchia edizione l'ho persa. Dio mi fulmini.

Ti consiglio di leggiucchiarlo, come faccio io, a spizzichie bocconi. E' un libro che si presta ad essere letto a paragrafi. Non ha propriamente un filo conduttore.

A parte ciò, il vero, grosso, grossissimo problema di Marx fu quello di costruire la sua teoria basandosi sulla società inglese. Pensò che da essa si sarebbero potute trarre tutte le maggiori conseguenze.

Come puoi immaginare anche tu già ai tempi Germania, Francia, Inghilterra, USA ed Italia avevano delle enormi differenze sociali e politiche, nonchè economiche.

Marx, dal mio punto di vista, va preso come linea guida, non come un profeta (errore che commettono in molti, specie coloro i quali non lo hanno MAI letto o forse compreso. Si può leggere 1 miliardo di libri senza capirci una fava, e si può leggerne solo uno e capire tutto).

Ritornando al tuo intervento sull'internazionalismo, non puoi che sfondare una porta aperta con me e lo sai. Tu però chiedi e ti chiedi anche come orgranizzarlo questo benedetto internazionalismo.
Ormai il significato di quella parola è stata attaccato come una cozza allo scoglio ai trotskysti, rendendola scevra quasi sempre di contenuti intrinsecamente positivi.

Così come i massoni vollero fondare a metà dell'Ottocento la Società delle Nazioni, comunemente chiamata ONU, allora anche noi dovremmo fare altrettanto. Una Comunità dei Popoli.
Non una società, perchè fonte di burocrazia borghese, non delle Nazioni, perchè le Nazioni, come insegna la storia, non sono create dai popoli, ma dai burocrati.
 
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due_calziniit
view post Posted on 3/6/2008, 15:13




Concordo a pieno sulla seconda parte della mail!
certo, la mia era un frecciata non a trotskisty o a stalinisti, ma a chi ogi si perde in un dualismo che, secondo me, dev'essere superato. oggi i marxisti, post-marxisti e comunisti in generale, non possono che pensare al di là delle nazioni.

Sul Capitale...beh, hai ragionissima, devo leggerlo. Azzecchi i problemi principali: il tempo, che manca, e la voglia di leggere cose senza formule, che è difficile che mi venga dal cielo...
ci proverò! Sicuramente il mi' babbo ne ha una copia, se non più di una. Solitamente mi consiglia qualche libro di Cafiero o Labriola.

Come ebbi modo di dirti, per vari motivi dopo l'adolescenza ho sempre visto Marx molto, molto criticamente. la mia critica è sostanzialmente al positivismo, che in Marx cancella quelli che sono i limiti biofisici del pianeta in cui viviamo. Naturalmente, non ho avuto basi per criticarlo dal lato economico, ma tutto serve (spero!). Da pochi anni mi sono avvicinato sempre più al marxismo, leggendo e ascoltando, dunque per convinzione personale e graduale.
quello che dici sul divario tra le nazioni nell'800 è importnate e vero; considera, però, che la forbice tra i salari per stessi lavori, a quel tempo (o almeno, agli inizi del '900) nelle varie parti d'europa, era molto minore di adesso (in proporzione). E' qui che necessita l'internazionalismo.
Ora, non voglio dire che Marx aveva fatto un modello buono per tutti i Paesi , però, come tutti i modelli, se è buono deve funzionare a prescindere dalle condizioni iniziali che ci sono. Deve essere adattabile alle condizioni pur rimanendo nelle premesse e regole generali che ci si pone all'inizio.
potremo lavorare si questo; è un mio sogno lavorare su un modello matematico del genere (...e..deviazione professionale...)
 
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Areazione
view post Posted on 3/6/2008, 19:36




Io sono profondamente positivista, ma inconsciamente mi da in culo questo atteggiamento.
Forse è per questo che Marx, come Hegel prima di lui, mi piacciono tanto.

Ma a me piace anche Nietzsche e Kant, Heidegger un po' meno per quel poco (pochissimo che ho letto). Insomma, mi piace tutto cazzo.

Questo è il mio problema. Dannazione.

Se riuscissi, mi piacerebbe scannerizzarti qualche articolo di La Grassa: sono certo che ti piacerebbe per il tipo di critica al positivismo di Marx.
Un altro molto interessante, ma più tosto da leggere (ci ho capito ben poco) è uno di Preve, su Hegel, Marx ed Heidegger: la cosa interessante, ed è l'unica che ho capito, è dove ognuno dei tre si differenzi.

E la cosa ANCORA PIU' interessante è che Preve dimostra quanto Marx sia poco materialista e molto idealista.

Già, hai letto bene. Notevole, nevvero?
 
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due_calziniit
view post Posted on 3/6/2008, 23:36




mentula!
(l'ho detto in latino..posso scriverlo in italiano? minchia....ci sono rimasto male. passa pure che la curiosità mi farà trovare di sicuro il tempo per leggere!)
 
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Areazione
view post Posted on 3/6/2008, 23:38




Devo far rinsavire il mio scanner del Piave e Caporetto.

Ti assicuro che ne varrebbe realmente la pena. Prova a sentire anche Outis o Sandinista. Loro certamente dovrebbero avere il tutto GIA' in formato .pdf o html.
 
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zagreus
view post Posted on 5/2/2009, 14:25




E' veramente stupido pensare di socialismo internazionalista in un mondo capitalista. Lo stesso capitalismo si nutre di libera circolazione di cose e persone, anzi sfrutta l'internazionalismo a proprio vantaggio. Errore della sinistra che dovrebbe pensarsi solo nazionale occupandosi del partucolare. Non esiste nessun idea internazionalizzabile. Quando lo capirete sarà troppo tardi, ahimè!
 
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Areazione
view post Posted on 5/2/2009, 23:15




Credo onestamente che tu non abbia molto chiaro il concetto di internazionalismo nel contesto III-internazionalista o addirittura IV-internazionalista.

Stai banalmente confondendo e mischiando concetti basilari: globalizzazione o capitalismo di carattere esanazionale con l'internazionalismo socialista, concettualizzato nella III internazionale e poi ripreso e modificato nella IV.

I comunisti nella I ed in parte nella II Internazionale non ebbero mai teorizzato alcun internazionalismo programmatico.

Lo stalinismo tout court, per esempio non ebbe alcuna propensione in tal senso. Anzi, lo stalinismo fu un esempio di movimento comunista anti-internazionalista se proprio vogliamo dirla tutta.
Al momento attuale, ben poco dell'internaziolismo è rimasto, se non in alcuni programmi dattiloscritti di movimenti parlamentari. Trotskysti a parte, ma su questo stenderei un velo pietoso.

Però la prossima volta che vuoi intervenire in questa sezione informati un po' meglio.


Grazie.

Ho dimenticato una premessa, la quale è fondamentale onde incorrere in immediate diatribe dialettiche tipiche negli ambienti comunisti: io parlo da trotskysta. Quindi per me l'internazionalismo è e rimane soltanto ed esclusivamente quello proposto dal Lev Trotsky e parzialmente/embrionicamente da Vladimir Lenin.

Questa grave dimenticanza potrebbe costarmi caro.
 
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rocker_duck
view post Posted on 3/4/2009, 13:16




CITAZIONE (Areazione @ 3/6/2008, 20:36)
E la cosa ANCORA PIU' interessante è che Preve dimostra quanto Marx sia poco materialista e molto idealista.

Premetto di non aver letto Preve ma mi piacerebbe intervenire sulla questione adducendo il mio particolare punto di vista: ovviamente un punto assodato e incontrovertibile è che il pensiero di Marx nasce, se mi permettete la metafora biblica, da una costola dell'hegelismo; io lo inserisco senza problemi nella scissione provocata dagli interpreti di Hegel stesso tra una Destra e una Sinistra hegeliana, individuando in Marx il punto di approdo e la massima espressione teorica del percorso culturale intrapreso dalla Sinistra hegeliana (i cui punti salienti erano proprio il carattere rivoluzionario e l'ateismo, a differenza della Destra hegeliana, reazionaria e cristianamente dogmatica).

Ora cosa si intende per Idealismo? Se con Idealismo intendiamo principalmente un principio operativo universale, un movimento dialettico dell'esistente su base ternaria allora va da sè che Marx fu idealista. Ma se con idealismo intendiamo l'attribuzione dell'unica vera realtà all'idea intesa come atto metafisico razionale che genera la realtà indipendentemente dagli individui coscienti allora in base alle mie conoscenze non posso dire con la stessa convinzione che Marx fu idealista. Da "L'ideologia tedesca" cito brevemente:

"Per il materialista pratico, cioè per il comunista, si tratta di rivoluzionare il mondo esistente, di impegnarsi all'interno della realtà di fatto esistente e di modificarla"

In un'ottica specificatamente idealistica verrebbe meno:

-l'essere materialisti pratici, essendo l'Idea come unica realtà oggettivamente esistente qualcosa di spirituale.
-la rivoluzione ossia il movimento della storia come impegno pratico dell'individuo, o meglio, della comunità degli individui mossi dagli stessi interessi di classe (i comunisti come proletariato organizzato).

Infatti in una concezione generale di filosofia della storia la differenza è sostanziale: se in Hegel il movimento della storia è principalmente imputabile al singolo individuo dal carattere eroico o superomistico (per prendere in prestito una terminologia successiva) che si fa strumento o meglio tramite dell'Idea o dello Spirito (vero titolare a pieno diritto dello sviluppo storico quindi); in Marx la storia la fanno le classi ossia la totalità degli individui raggruppabili all'interno di una stessa categoria di classe: una concezione della storia in cui dunque tutti gli individui del corpo sociale sono conpartecipi.

Per finire: più che idealista io ritengo Marx come l'ideatore di un sistema metafisico egli stesso...contrariamente forse a quelle che erano le sue effettive intenzioni...ma più che l'Idea il principio e referente ultimo di questa metafisica è l'opposto dell'idea: la materia metafisicamente intesa come la totalità astratta del reale "di fatto esistente" nel movimento dialettico (storia).


Ovviamente quello da me esposto è, lo ripeto, frutto del mio particolare punto di vista...non va preso dunque come l'interpretazione di Marx ma come una delle tante interpretazioni della filosofia marxista...ho postato tanto per arricchire il dibattito.

Spero di aver fatto cosa gradita.
 
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Areazione
view post Posted on 3/4/2009, 15:30




Un punto di vista interessante.

Personalmente non imputo all'idealismo nulla di negativo a priori. Non trovare in Marx del metafisico è ingenuo, avendo egli trasmigrato potenza di creazione dall'individuo alla collettività (o parte di essa), associando ad essa, inconsciamente ed involontariamente, una psiche collettiva che plasmi e generi inconscio individuale e personalistico.

Ciò che in Marx, dal mio punto di vista, si considera materialismo è l'atto positivista di far assurgere ad un ente non tangibile, la massa proletaria, il ruolo di elemento cosciente ed attivo. Questo è di per sè fattore rivoluzionario nel senso che prima di lui un idealista ortodosso avrebbe compiuto il passo antitetico, ovvero dal particolare al generale. Qui abbiamo apparentemente il fenomeno opposto, dal generale al particolare. La coscienza di classe è appunto questo: estrapolare da un contesto generico ed impalpabile quale prodotto della classe sociale di riferimento, materia attiva di pensiero ed di azione per l'elemento facentevi parte.

Io trovo in questo procedimento un forte impatto emotivo, definiamolo latente, in tutti coloro i quali abbracciano il marxismo. Si tenta di trovare un elemento propositivo da una parte e rassicurante dall'altro che le religioni determinano tramite i propri messia o divinità. Nel marxismo questi elementi vengono soppiantati da elementi autoprodotti dalla società stessa, le classi sociali. Esse, in ultima istanza, ricoprono il ruolo di effetto salvifico. Non si prospetta più una vita ultraterrena tuout court, ma si prospetta una vita terrena migliore ed idealizzata.

Come sosteneva Jung, possiamo togliere all'essere umano i suoi dei solo concedendogliene altri in cambio.

Dal mio punto di vista, quindi potenzialmente erroneo, la scienza politica tenta di compiere esattamente questo: concedere nuovi dei pagani per sostituire il pantheon creato da altre classi sociali.
 
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rocker_duck
view post Posted on 5/4/2009, 12:48




neanch'io imputo nulla di negativo all'Idealismo, ci mancherebbe. Uno dei maggiori filosofi dell'Idealismo, il nostro Croce, ha dimostrato come si può rimanere in un'ottica idealistica e concepire allo stesso tempo una politica democratica e liberale.

Non amo molto il Positivismo proprio perchè soppianta le superstizioni religiose proponendo un modello e un sistema filosofico che è esso stesso una religione, sebbene non voglia darlo a vedere.

Come far sopravvivere il Marxismo, oggi che i tempi sono così cambiati e cambiato è il contesto socio-culturale, è la sfida più ambiziosa che dovrebbero affrontare gli attuali partiti di estrema sinistra. Io mi stupisco come molti vogliano ancora interpretare Marx alla lettera...come si accaniscano a rapportarsi all'opera di Marx allo stesso modo di un cattolico conservatore che si rapporta alla Bibbia...

Comunque per quanto riguarda l'Internazionalismo, se posso esprimere la mia opinione, l'analisi storica, politica ed economica di Marx sembrava rapportarsi maggiormente se non unicamente al modello europeo. Le classi di cui parla Marx erano le classi della vecchia e della nuova Europa, quella contemporanea a Marx...ripercorrendo la cronostoria dell'antagonismo classista si rifà ai servi della gleba e ai signori del feudo...poi ai borghesi e ai proletari...come riadattare ad altri contesti enormemente diversi l'analisi e la teoria marxista? E' vero che in generale, parlando di sfruttati e sfruttatori, la teoria marxista assume un valore quasi universale...ma Marx sembra universalizzare le categorie sociali del borghese e del proletario sebbene borghesi e proletari fossero un prodotto socio-economico-culturale della storia europea.
 
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12 replies since 3/6/2008, 12:24   332 views
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